Ricevo una telefonata da un’amica, qualche mese fa, dove mi si chiede di introdurre Matteo Bussola per presentare il suo libro “Notti in bianco, baci a colazione”. Lei conosce la mia passione per i libri, sa che di mestiere smanetto in rete e sa anche che sono mamma da poco: “ho pensato, chi meglio di te potrei mettergli a fianco, per una chiacchierata tra genitori 2.0? Pensaci e fammi sapere tra qualche giorno”.
Secondo voi, cosa ho risposto?
“Giorni? Guarda, segnami pure. Se poi lui non riesce a venire, parlo solo io, no problem!”.
Perché mi è piaciuto così tanto, questo libro, che volevo condividerlo con tutti. L’ho praticamente quasi recitato a mio marito. Ogni sera gli facevo il riassunto delle puntate precedenti. “Sai cosa ha detto, un giorno, Melania, la bimba più piccola di Bussola?”, “Sai cos’ha fatto una mattina Bussola, quando ha portato a scuola Virginia?”
Lui nel suo libro si definisce così:
Di lavoro faccio il padre, di professione disegno fumetti, per passione scrivo.
Ed è proprio da questa passione che è nato “Notti in bianco, baci a colazione”: Ha iniziato a lasciare sulla sua bacheca Facebook delle riflessioni, dei commenti a fatti di cronaca e di attualità e a svelare divertenti (e spesso commoventi) aneddoti di famiglia.
– Papà, che cos’è un musulmano?
– È una persona che crede in un Dio di nome Allah.
– Ma è diverso dal nostro?– Si e no, Virginia. Diciamo che in realtà indossa solo abiti diversi.
– In che senso?
– Come faccio a spiegartelo. Hai presente quando Ginevra si veste da Rapunzel? Si comporta in un’altra maniera e ti parla in modo differente, però tu in fondo sai che è sempre tua sorella, capisci che intendo?
– Si.
Ha mosso perfino Fedez, per riuscire a far contenta la figlia che voleva il suo autografo. E in cambio gli ha promesso un disegno del suo personaggio dei fumetti preferito.
Matteo Bussola è, come si dice in gergo, un fenomeno virale. E il successo è arrivato ben prima di questo libro, che altro non è se non la sua consacrazione di padre 2.0. Non tanto perché è super tecnologico (non ha neanche lo smartphone) o super alla moda (le sue felpe e i maglioni con le trecce sono oramai storia, per chi lo segue su Facebook). Ma perché è un papà che fa il papà. Porta a scuola le figlie, passa con loro gran parte della giornata (visto che lavora a casa), cucina per loro, con loro guarda PeppaPig. Insomma, è il papà che tutte noi mamme vorremmo per i nostri figli.
Spesso, mi confessa, è stato definito un “mammo”, un termine che odia perché non lo rappresenta. Non rappresenta nessuno. Un papà è un papà, punto.
È che sembra così strano, a dirsi. Siamo cresciuti in un’epoca in cui la mamma era quella che stava a casa a badare ai figli, mentre il papà doveva andare a lavorare per portare a casa i soldi. Quando tornava, dopo 8/10 ore in fabbrica, era stanco, bisognava lasciarlo riposare sul divano, non disturbarlo con urla, schiamazzi o, peggio, richieste tipo “giochi con me?”
Per fortuna questo archetipo sta abbandonando le nostre famiglie. Nella mia, almeno, è così. Sarà che io lavoro, anche se sono a casa, davanti a un computer, X ore (tutto dipende da quanto dorme la fagiola) al giorno. E spesso quando arriva il papà non vedo l’ora di mollargli dietro la pupa per chiudere un articolo, terminare un sito o, come in questo caso, scrivere una recensione per il blog.
Poter crescere i figli, soprattutto nella fase 0-3 anni, stando con loro 24 ore su 24 è bellissimo e, a mio avviso, proficuo per loro e per noi. Possiamo seguire passo passo i loro progressi, dedicargli tutte le attenzioni di cui hanno bisogno, regalargli il nostro tempo. Per questo mi ritengo più che fortunata, a poter conciliare famiglia e lavoro, anche se la pressione delle scadenze mi impone di fare le notti in bianco (ma questo, a volte, succede anche con i figli, no?) o di lavorare nei weekend.
Certo, lo posso fare perché ho al mio fianco una persona che rende tutto davvero semplice. Basta poco: il bagnetto diventa il rituale sacro papà-figlia, la domenica mattina il momento ideale per un giretto all’aperto(così la mamma ha tutto il tempo di fare una doccia che duri più di 3 minuti e mezzo) e le pause pranzo il momento di fare le pulizie, a turno, con la fagiola che fa la cozza ora in groppa a uno ora appiccicata all’altra.
I papà moderni fanno questo, e molto altro. Lo fanno per i figli, perché li amano e perché non è concepibile un modo diverso di vivere la famiglia.
Ed è questo che colpisce nel libro di Matteo Bussola. La sua vita è così simile alla nostra (mia e vostra, intendo) che viene naturale identificarsi. E ritrovarsi in quelle pagine. Entrare nella quotidianità di un autore, poter vivere assieme a lui le esperienze più intime e personali, è una cosa davvero gratificante per un lettore.
NOTA: Alcune delle foto nell’immagine di copertina sono state prese dalla pagina Facebook delle GGDVr che hanno organizzato l’evento di presentazione alla Società Letteraria. E con le quali io sono sempre più in debito.