Una riflessione filosofica sulla maternità, un libro semplice, divertente e commovente, che osserva la vita delle mamme da una prospettiva completamente nuova. Esercizi di meraviglia di Vittoria Baruffardi è IL libro che tutte noi dovremmo leggere!
Nella scuola che vorrei, ci sarebbero professori fantastici: Carlo Rovelli sarebbe il docente di fisica, ad Alessandro D’Avenia spetterebbe la cattedra di italiano e a Vittoria Baruffaldi – ovviamente e meritatamente – quella di filosofia.
Aver letto i suoi Esercizi di meraviglia mi ha riportato indietro, al tempo delle lezioni del liceo. Mai ho trovato manuali che spiegassero con così tanta semplicità e naturalezza concetti importanti e profondi come il noumeno di Lévinas, il cogito ergo sum di Cartesio o il paradosso di Achille e la tartaruga. E allo stesso tempo, ho imparato qualcosa di più su questa nuova “professione” a cui mi sono avvicinata da qualche mese: quella della mamma.
La filosofia è dappertutto, attorno a noi: dalla comunità delle pitagoriche (le donne con la pancia), che parlano per simboli ed enigmi, al mito degli androgini:
Quando sei incinta, ti senti proprio come quegli esseri primigeni:un corpo bello, superbo,rotondo. Hai due cuori, quattro mani, quattro piedi.
Poi nasce tuo figlio. Tu, frantumata perché da uno sei appena diventata due, lo annusi, e lui annusa l’aria, che sa di disinfettante d’ospedale e di stupore diffuso.
Nei bambini, come nei filosofi, a innescare il bisogno di riflessione è lo stupore: il voler conoscere quello che ci si trova davanti, scavando in profondità nel suo senso più intimo e assoluto.
Gli esercizi, però, non si esauriscono con questo libro: esso, infatti, è solo una piccola parte del meraviglioso mondo di Vittoria e di sua figlia Penelope, che potete seguire sul blog La filosofia secondo BabyP.
Esercizi di meraviglia
La meraviglia è:
l’aspetto luminoso del dubbio, si sofferma sugli oggetti come se li vedesse per la prima volta, interrogandosi sul loro significato.
Avete mai fatto caso a un neonato quando scopre per la prima volta le sue mani? Resta lì, imbambolato, incantato, meravigliato. E un bambino quando impara a fare i primi passi? Vedendo tutto da una prospettiva diversa? Risate, gorgoglii, sillabe sparse riempiono la sua bocca di una sana euforia.
Nel suo libro Vittoria parla anche di “manuali per genitori”:
Ciò che non si trova in quei libri è un’indagine rigorosa sul bambino, una filosofia della scienza infantile. Chi è, di cosa sono fatti i suoi respiri, qual è lo scopo di quei pianti improvvisi, urgenti.
Libri che si basano sul principio di verificazione: succede a (quasi) tutti così per questo e quest’altro motivo, quindi anche il tuo caso sarà simile. Teorie basate sull’esperienza, per via induttiva, di un campione – grande? piccolo? insufficiente? – di casi. Ma se guardiamo a queste “regole di sopravvivenza” con gli occhi del filosofo Popper, ci basterà trovare un solo bambino che non si abitua a dormire piangendo per ore per smentire la teoria.
Questo bambino rappresenta la “falsificabilità”, il criterio di demarcazione per stabilire i confini della scienza rispetto alla non-scienza.
Non potevo limitarmi a una semplice recensione: sarebbe stato troppo facile dirvi “Correte in libreria a comperare questo libro!”. Volevo trasmettervi qualcosa di più, convincervi con le parole non solo mie ma anche della stessa autrice. E quindi ecco qua, la mia mini-intervista a Vittoria.
In fondo agli occhi dei bambini c’è un bruscolino invisibile di stupore. Sono occhi più grandi del normale, non vedono cose diverse, le vedono meglio, le girano e rigirano per osservarne ogni lato: dietro, sotto, di sghimbescio.
Intervista a Vittoria Baruffaldi
Lo diceva anche Aristotele, che “gli uomini hanno iniziato a filosofare a causa della meraviglia”. E tu, perché hai scelto questa strada?
L’ho scelta perché ho avuto un professore straordinario al liceo – le sue lezioni erano di una chiarezza disarmante – e un padre che mi ha detto: fai ciò che ti appassiona, nonostante coltivasse la speranza che studiassi legge o medicina.
Quello che mi ha sempre affascinato della filosofia era la sua capacità di scandagliare il reale, senza ridurne la complessità. E rispettando l’enigma delle cose (basti pensare all’Altro): nella filosofia c’è accoglienza, sforzo di comprensione, mai possesso.
Essere madre è un esercizio di meraviglia. Essere madre per te è…
Essere madre è una possibilità dell’esistenza; come tale ha in sè un carattere di indeterminatezza. È una costruzione fluida. Come diceva Sartre, per l’essere umano prima viene l’esistenza dopo l’essenza, e così di volta in volta si decide – per esclusione – di essere una madre radiosa anzichè una madre uggiosa, una madre anticonformista anziché una madre uguale alle altre madri. Si decide di volta in volta che madre si è.
Il fatto di diventare madri rende molto dubbiose: si formulano teorie sulla vita, inutili come lo sterilizzatore del biberon, solo per poi smontarle e ricostruirle. A volte si dubita addirittura di essere buone madri, perché si pensa di sbagliare tutto. Ma nel momento stesso in cui si formula questo pensiero, si può dire solo di esserlo davvero, ed è già qualcosa: è una certezza da cui ripartire.
Ci sono stati momenti in cui ti sei sentita una “cattiva” madre, in cui hai pensato che stavi sbagliando tutto?
Vivo l’essere madre in maniera naturale, senza fare alcuna teoria sull’essere una “buona” o una “cattiva” madre (le teorie sono inutili come lo sterilizzatore per i ciucci). Mi capita di essere la madre che sono, poco meravigliosa e molto meravigliata.
Un esercizio di meraviglia è legato alle foto che continuamente facciamo ai nostri figli. Non passa giorno che io non debba scegliere quali espressioni buffe cancellare dal mio smartphone, che reclama un po’ di spazio in memoria per respirare. La pappa, il bagnetto, il sonnellino di metà mattina e quello del pomeriggio, lo starnuto, lo spavento… Siamo una generazione dallo scatto facile. Tu come la vivi? Concordi nel non pubblicare sui social foto dei bambini, che potrebbero essere rubate e utilizzate in maniera oscena?
Non sono così allarmista sulle foto dei bambini: è sufficiente non pubblicare foto in maniera “oscena” ovvero non macchiettistica e in misura limitata. Io pubblico qualche foto di mia figlia, spesso non le si vede il volto, e non ci vedo nulla di male. Inoltre, ho creato delle liste: con gli amici intimi condivido alcuni contenuti, con gli altri no.
Le domande dei bambini appartengono a tutte le varie categorie filosofiche: sono i famosi “perché” che spiegano il mondo. Qual è la domanda più strana che ti ha fatto BabyP?
Le domande dei bambini sono una valanga che ci rotola addosso, e che spesso cerchiamo di evitare per pigrizia o superficialità. Peccato perché i loro perché sono la cosa più preziosa: non permettono solo a loro di scoprire il mondo, ma anche a noi di ridare un senso alle cose.
Una domanda di mia figlia? Quando mi ha chiesto se sarei tornata indietro, dopo la morte. No, le ho detto, e lei mi ha risposto: Sì, torni indietro, quando sei vecchia abbastanza, torni giovane, e poi bambina, fino a tornare nella pancia della mia mamma. Imparare a morire, insomma, è imparare a tornare indietro, compiere il proprio cammino a ritroso.
Come è nata l’idea di aprire il blog “La filosofia secondo BabyP” e di ricavarne poi anche un libro?
Il blog è nato per far “respirare”la mente, con un’ambizione alla meraviglia, ma privo di una forma precisa. Via via che scrivevo, la storia che volevo raccontare – quella una madre e una bambina che si fanno delle domande, e provano a illuminare il senso del loro rapporto, e delle cose che accadono intorno a loro – ha trovato la sua chiave nella filosofia.
Un giorno è uscito un articolo sul mio blog e Einaudi mi ha contattato per propormi di costruire un saggio narrativo che mantenesse l’idea di fondo del blog ovvero la riflessione filosofica applicata alla maternità. Il libro è altro dal blog, c’è un altro tipo di lavoro dietro, lieve e e faticoso al contempo.
A parte i manuali per genitori, che tutte abbiamo letto, sottolineato, evidenziato, quali libri trovano posto ora sul tuo comodino?
Qualche manuale l’ho comprato, ma sono sempre stata svogliata nella lettura: non ci trovavo nulla di interessante fuorché consigli di ordine pratico: io, invece, avevo solo domande. Così ho continuato a leggere i miei amati romanzi, saggi e poesie, che accoglievano le mie domande senza fornirmi delle risposte.
In questo momento sul comodino ho la solita pila di libri, li alterno, leggo contemporaneamente più libri, a seconda dell’umore, del piacere di leggerli, a volte a seconda del momento (ho i libri del mattino, quelli per il tram, quelli della sera).
Te ne dico tre:
- Berlin, La donna che scriveva racconti
- Grunenberg, Hannah Arendt e Martin Heidegger. Storia di un amore
- Manganelli, Il rumore sottile della prosa