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Come calmare un neonato che piange

Così calmo il mio bambino di Christine Rankl è uno dei libri più belli e utili che ho letto in questi primi mesi da mamma. L’avevo già consigliato nella sezione principale del blog, come regalo per le amiche in dolce attesa, e adesso che mi ci sono addentrata anch’io e che ho messo in pratica i suoi suggerimenti, lo ritengo davvero fondamentale. Il sottotitolo vi dà già un’idea di dove voglia andare a parare: “Risposte equilibrate al pianto del neonato”.

Questo è un altro dei manuali da tenere sul comodino. Dopo Facciamo la nanna (e il suo alter ego), ecco un altro importantissimo volume pieno di consigli e istruzioni per l’uso.

Se pensate che gli 80 decibel degli strilli di un bambino piccolo superano di gran lunga il rumore di un aspirapolvere e sono di poco inferiori a quello di un tosaerba, e che studi dimostrano che un neonato “in condizioni normali” può piangere fino a 3 ore al giorno (distribuite nell’arco delle 24), potete immaginare il livello di frustrazione e tensione provata dai neogenitori alle prese con un frugolino che non sanno come consolare. Ecco quindi che tornano molto utili i consigli e le risposte dell’autrice, suddivise nel libro per fasce d’età: da 0 a 3 mesi, da 4 a 6 mesi, da 7 a 9 mesi, da 10 a 12 mesi.

I fattori che aiutano il bambino a ritrovare la calma sono i seguenti:

  • i neonati amano i limiti fisici e hanno bisogno di percepirli, meglio ancora se attraverso uno stretto contatto fisico.
    (fasciatura e fascia)
  • essere cullato tranquillizza enormemente il neonato
  • i neonati amano i suoni sibilanti
  • i neonati riescono benissimo a calmarsi da soli tramite la suzione (succhiotto)
  • nei primi tempi i neonati preferiscono dormire sul fianco e/o sulla pancia
  • i neonati si calmano soprattutto con la persona che trasmette loro maggiore tranquillità

Proviamo ora a immaginarci un lattante che urla a squarciagola. Per riuscire effettivamente a calmarlo (sempre dopo esserci accertati che non abbia fame), abbiamo già a disposizione due elementi: prima lo potremo avvolgere in una fascia portabebè e poi portarlo un po’ in giro in braccio per la casa, adottando un’andatura molleggiata. Più forte sarà il pianto del bambino, più dovremo accentuare l’oscillazione. Dovrebbe essere un po’ come una danza, alla quale è lui a dare il ritmo: se piange a dirotto, rispondete con un dondolio altrettanto forte; a mano a mano che si calma, lo dondolerete più piano.

Portarlo in braccio non vuol dire viziarlo

Non manca, poi, il capitolo dedicato ai vizi:

Viziare un bambino in senso davvero negativo significa ostacolarlo nei progressi della crescita, trattandolo in modo inadeguato rispetto alla sua età e alle sue competenze.

Proviamo ora a immedesimarci per un attimo in un bambino appena nato o di poche settimane: cosa è già in grado di fare da solo che noi possiamo impedirgli portandolo sempre in braccio (e quindi viziandolo)? Ben poco. Gli è ancora indispensabile percepire la delimitazione del proprio corpo attraverso il contatto fisico. Questo basta a rispondere alla domanda se sia possibile viziare i bambini di questa età. (*capitolo dedicato ai bambini da 0 a 3 mesi)

Imparare a fare la nanna

Nel caso di quei bambini (quasi tutti, direi) che amano addormentarsi solo al seno/biberon, l’autore suggerisce di agire così:

Per prima cosa è bene dargli da mangiare un po’ prima e non nella camera al buio, in modo che si addormenti in braccio, per esempio, anziché attaccato al seno o al biberon. I passi successivi prevedono poi di adagiarlo nel lettino sempre un po’ prima e magari accarezzargli la testolina finché non si addormenta. Con il passare del tempo lo si accarezzerà sempre meno, fino a lasciargli la mano accanto, qualora volesse prenderla. Nella fase successiva si accarezzerà il bambino solo per dargli la buona notte e ci si limiterà a sedere accanto al suo letto. Qualche giorno dopo si potrà già provare ad allontanare la sedia o a uscire dalla stanza.

Con il passare dei giorni si riducono sempre più gli aiuti per dormire, finché il neonato non impara ad addormentarsi da solo. Il ritmo da adottare dovrà essere deciso in base alla reazione del bambino.

Devo ammettere che questa parte non è molto semplice. La mia fagiola ama addormentarsi alla tetta ed essere adagiata solo quando è già nel mondo dei sogni. Perché impari ad addormentarsi da sola ci vorrà ancora un po’, secondo me. Ma so che prima o poi lo farà anche lei. Dopottutto, avete mai visto un bambino di 9/10 addormentarsi alla tetta? Credo che appena riuscirà a distinguere il suo Io da quello della mamma (cioè tra qualche mese), apprezzerà di più le coccole e le fiabe della buonanotte. Non c’è fretta, per ora: cresce già così velocemente!