Gli ostacoli più grandi per una donna che vuole allattare suo figlio al seno sono i pregiudizi e l’ignoranza. Degli altri.
Ho letto di recente Un dono per tutta la vita di Carlos Gonzales, un libro davvero illuminante sull’argomento e, complice il mio stato di neo-mamma, ho deciso di scrivere un post molto forte, perché sto riscontrando – tra colleghe panciute e mamme in crisi – che i parenti e gli amici che rilasciano consigli non richiesti (e spesso sbagliati) sull’allattare al seno fanno più danni che altro.
Mi ritengo abbastanza forte di carattere, se decido di fare una cosa prima di tutto mi informo, leggo, leggo e cerco di capire pro e contro della situazione. Una volta arrivata alla scelta, la perseguo con tutta me stessa e chi mi si para davanti troverà un muro. Mi altero facilmente, se mi si dà contro senza ragione, quindi so che lotterò per continuare ad allattare, per cercare di dare a mia figlia amore e protezione. Ma immaginate quante neomamme ci sono là fuori che non hanno potuto informarsi, che non sono riuscite a seguire corsi pre e post parto, che non hanno trovato il libro giusto che le ha ispirate e che – mi verrebbe da dire giustamente, anche se tutto giusto poi non è – si affidano ai consigli di parenti stretti o amici/e che ci sono già passati. Ecco, è per queste mamme che ho stilato un elenco di cose che ritengo sia giusto – questo sì – sapere, sperando che il blog in questo caso serva allo scopo. (Le citazioni sono tratte dal libro di Gonzales, che potete acquistare direttamente dal link giù in basso).
1. Santa Tetta
situazione: in ospedale, una mamma allatta un neonato venuto al mondo da meno di 2 giorni. Il bimbo è sempre attaccato alla tetta, a volte succhia a volte riposa, se lo stacchi piange
personaggi: la neomamma, il neonato e la nonna
il consiglio da non seguire: “non gli hanno ancora dato il biberon? vedi che ha fame? si vede che non hai latte”
Tutti i nostri organi possono cedere (di qualcosa bisognerà pur morire), ma rimanere senza latte è raro quanto avere un arresto cardiaco o un’insufficienza renale. Chi parla dello stress della vita moderna dimentica che siamo la prima generazione che va a letto la sera con la sicurezza di avere da mangiare anche il giorno seguente. Le donne hanno allattato per millenni, in situazioni di gran lunga peggiori. […] L’effetto dello stress sull’allattamento è temporaneo: il latte non esce subito, il bambino si arrabbia e piange un po’. Punto. Continua a poppare perché ha fame. Ciò che accade oggi e non è mai accaduto prima è che, se il bambino piange si arrabbia, la madre gli dà un biberon. Non sono i nervi o le preoccupazioni che provocano la perdita di latte, ma i biberon.
Se poi andate a rileggere il post che avevo scritto tempo fa su succhietti, ciucci e tettarelle scoprirete come ci sia grande differenza per un neonato tra il prendere il latte dal seno della mamma o dal biberon, e come questa diversa suzione, se mescolata proprio durante i primi giorni di vita, possa compromettere il corretto attaccamento del bambino.
2. Il latte disseta
situazione: estate torrida, il bimbo di pochi mesi piange anche se ha appena mangiato. Se lo attacchi alla tetta smette
personaggi: la neomamma, il neonato e parenti vari che non te l’hanno mai detto ma hanno una laurea in ostetricia/pediatria
il consiglio da non seguire: “quella non è fame, è sete. Dagli dell’acqua, non la tetta”
Da anni l’OMS, l’Unicef, l’Accademia Americana di Pediatria e la Società Italiana di Neonatologia raccomandano l’allattamento materno esclusivo fino ai sei mesi e, a partire da quest’età, consigliano di offrire altri alimenti oltre al seno.
ps. l’acqua è considerata “un altro alimento”
3. L’amore è un sentimento, non un vizio
situazione: un neonato reclama l’affetto e l’attenzione della sua mamma con l’unico mezzo in suo possesso: il pianto
personaggi: mamma, neonato, parenti tutti/amiche invidiose che non ammetteranno mai di esserlo
il consiglio da non seguire: “ce l’hai sempre in braccio, attaccato alle tette. Così crescerà viziato e mammone!”
Se volete portare vostro figlio in braccio, o dargli il seno, fatelo. Se volete smettere di lavorare per mesi o anni per crescerlo, o rifiutare una magnifica opportunità di lavoro all’estero per stare con la vostra famiglia, fatelo. Ma solo se volete. Se non volete, non fatelo. Dire: “Ho sacrificato la mia carriera professionale per stare con mio figlio” è assurdo tanto quanto: “ho sacrificato la relazione con mio figlio per la mia carriera”. Non sono sacrifici, sono scelte. Vivere è scegliere, le giornate hanno solamente 24 ore e chi fa una cosa non può farne un’altra contemporaneamente. Scegliete quello che in ogni momento vi sembra opportuno, e basta. Chi fa quel che vuole non sta rinunciando, sta riuscendo; non si sacrifica, ma trionfa. La sfumatura è importante, perché chi fa (o crede di fare, o vuole credere di fare) un sacrificio lo fa, per definizione, molto malvolentieri. Non si considera pagato, crede che gli si debba qualcosa. Presto o tardi avrete conflitti con i vostri figli. In questi momenti, chi crede di essersi sacrificato pensa (o peggio, dice): “sembra assurdo, dopo tutto quello che ho fatto per te” o “per colpa tua non sono potuto arrivare a punto”. Le parole, una volta pronunciate, non possono essere cancellate. Invece, le persone coscienti di aver fatto ciò che desideravano pensano: “che peccato che dopo tutti gli anni di gioia che mi hai dato, ora abbiamo un conflitto”.
4. Durante l’allattamento puoi mangiare tutto
situazione: al ristorante/in pizzeria/a casa durante un pranzo in famiglia
personaggi: mamma, neonato, parenti tutti
il consiglio da non seguire: “ma tu lo puoi mangiare questo (*leggi “questo” qualsiasi alimento sia ora in tavola)? Poi ti viene il sangue amaro”
Non dovete sacrificarvi seguendo una dieta sana, perché la composizione del latte non dipende quasi per nulla da ciò che mangiate. E il latte del biberon non sarà mai migliore del vostro.
5. Allattamento (e consolazione) a richiesta
situazione: un bimbo piange perché ha fame, anche se ha mangiato da meno di un’ora (ma forse non si è saziato, ha solo fatto uno spuntino… noi non lo facciamo, di attaccare il frigo o la dispensa ogni volta che ci viene fame?)
personaggi: mamma, neonato, altri (soprattutto nonne/i del bambino)
il consiglio da non seguire: “ce l’hai sempre attaccato al seno, oramai ha preso il vizio e non lo stacchi più. Deve imparare a calmarsi da solo”
Quando un bambino dorme troppo, molte volte non serve svegliarlo, basta stare attenti ai suoi segnali di fame. A richiesta non significa dargli il seno ogni volta che piange. Da una parte i bambini possono piangere per tanti motivi se è chiaro che piange per un’altra cosa, non serve dargli il seno (ma in caso di dubbio, diciamo, la cosa più semplice è provare a darglielo. E molte volte, anche se piangono per paura, dolore o qualsiasi altro motivo, il seno è il modo migliore di calmarli)
6. Fino a quando allattare? Una libera scelta
situazione: qualsiasi ambiente, scegliete voi, l’importante qui sono gli attori
personaggi: mamma, bambino (mettiamo di 1 anno o anche più), altri personaggi “sgraditi”
il consiglio da non seguire: “Stai ancora allattando? Così grande? Oramai l’hai viziato…”
Alcune mamme decidono di allattare fino a che il bambino non si stanca e lascia spontaneamente il seno. Altre preferiscono prendere l’iniziativa e svezzarlo prima. Decidete voi.